L'ACQUA C'È...
basta trovarla e
portarla in sposa
al sole.
San Tommaso
La protezione catodica è una tecnica di prevenzione delle corrosioni elettrochimiche che si applica alle strutture metalliche a contatto di ambienti con conducibilità elettrica.
Consiste essenzialmente nel fare circolare corrente continua tra un elettrodo, detto anodo, e la superficie della struttura da proteggere, detta catodo. Tale corrente abbassa il potenziale elettrico della superficie metallica, sino ad annullare i fenomeni corrosivi.
La tecnica della protezione catodica nasce ufficialmente in Inghilterra nel 1824, si afferma in America un secolo dopo, e infine in tutto il mondo a partire dagli anni 1960, 1970.
In Italia la protezione catodica è stata applicata inizialmente per proteggere le guaine in piombo dei cavi telefonici, attorno al 1930, e successivamente per la protezione di oleodotti, gasdotti, acquedotti e strutture esposte a rischi di corrosione.
Per una corretta applicazione di un sistema di protezione catodica e per il contenimento dei costi è determinante il rivestimento o la verniciatura della struttura da proteggere. Per questa ragione, in funzione della sua dimensione e dell’ambiente a essa circostante, vengono applicati due sistemi:
Sistema ad anodi sacrifiziali - Non necessita di energia elettrica e consiste semplicemente nel collegare la superficie da proteggere a un metallo il cui potenziale elettrico sia meno nobile. Considerata la poca differenza di valore tra i due metalli, lavoro motore, condizione essenziale è che l’elettrolita abbia un valore di resistenza molto basso. Questa condizione è sempre presente in acqua marina, ove gli anodi sacrifiziali sono molto utilizzati con successo, meno nei terreni, il cui valore di resistività spesso troppo elevato rende inefficace il sistema. I metalli normalmente impiegati per proteggere l’acciaio sono in acqua marina l’alluminio e lo zinco. Nei terreni solitamente viene utilizzato il magnesio per il suo maggior lavoro motore.
Sistema a corrente impressa - L’erogazione della corrente di protezione avviene tramite un alimentatore catodico al cui polo negativo è collegata la struttura da proteggere e a quello positivo il dispersore anodico. Questo sistema necessita di energia elettrica, ma dispone di un considerevole lavoro motore che ne consente l’applicazione nei terreni e per proteggere strutture di dimensione notevole. I vantaggi arrecati sono in funzione della corrente erogabile dall’impianto. Determinante risulta la resistenza del circuito, per la quasi totalità dipendente da quella del dispersore anodico.
Dispersore anodico (pozzo) - Al fine di mantenere basso il valore in Ω della resistenza, il dispersore in fase di progetto viene dimensionato in considerazione della resistività del terreno ove sarà posato. Per ridurne la resistenza di contatto con l’ambiente, il materiale anodico viene inoltre inglobato in backfill.
Vengono realizzati con perforazioni di profondità normalmente inclusa tra 80 e 120 metri e diametro compreso tra 13 e 20 centimetri. Il materiale anodico ed il backfill vengono calati nel pozzo, lasciando uno spazio di almeno 40 metri tra la sommità del dispersore e la superficie del terreno. Questo tipo di dispersore offre molti vantaggi, in particolare la necessità di spazi contenuti, migliore distribuzione della corrente di protezione, minori interferenze elettriche.A fronte di tanti vantaggi, il costo di un dispersore anodico verticale è sensibilmente superiore di quello di uno orizzontale.
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